TO WRITE IS HUMAN, TO EDIT IS DIVINE (editing secondo Stephen King)

Editing, cos'è? Cosa significa?
In questa serata (finalmente) di inizio estate, cucino a finestre aperte e mi dedico all'editing.
Ovvero a quella fase successiva alla scrittura di un testo (che sia un libro, un saggio, un romanzo o uno scritto pubblicitario poco importa), che dovrebbe portare un mucchio di parole a diventare pura bellezza.
L'editing è come un buon bicchiere di passito, va gustato con calma.


Stasera, mentre doso le spezie in una ratatouille di verdure, doso anche le parole.
Perché editing vuol dire leggere e rileggere, assaggiare e aggiustare, correggere e insaporire.
Non solo per eliminare refusi, imperfezioni, errori di battitura, grammatica e sintassi, ma anche per sistemare l'architettura di un testo, l'intreccio narrativo, le contraddizioni, i passaggi deboli o poco chiari.

Editing significa essere ossessivo compulsivi della penna e non accontentarsi mai.
Significa entrare dentro un testo e avere il coraggio di ribaltarlo.
Significa credere nel potere della parola e per questo chiedersi per ore se quella parola è abbastanza musicale, dolce, tagliente, arrabbiata, sarcastica, ...
Significa, a volte, suggerire al lettore un punto di vista che - senza di te - non avrebbe mai potuto vedere.

In poche parole, aspirare a un quarto di perfezione.

Anche i copy ne sanno qualcosa: “Sono un cattivo copywriter, ma un buon editor. Così riesco a correggere quello che scrivo. Dopo quattro o cinque revisioni, il testo è abbastanza decente da poter essere mostrato al cliente”. David Ogilvy, copywriter